18 novembre 2015

Storia della mineralogia - I primi passi

Anche molto prima della moderna scienza della mineralogie rocce e minerali erano ricercate risorse, da essi si ricavavano arnesi, metalli, pigmenti e gemme ornamentali. 

Nelle opere classiche dell´antichità rocce e minerali vengono descritti insieme senza ancora una chiara distinzione. Teofrasto (371-287 a.C.) descrive l´uso di pietre, Plinio il Vecchio (23-79) anche il presunto valore magico e propone una classificazione basata sull´idea che esistano minerali maschili e femminili.
 
Durante l´eta romana i minerali più importanti erano l´oro, la galena, il ferro (che includeva il ferro e la magnetite), il rame, il cinabro, malachite, ocra e lo stagno (estratto dalla cassiterite). L´india era famosa per le sue gemme, lo smeraldo (che includeva varie minerali di colorazione verde, come lo smeraldo nel senso moderno, ma anche la malachite), il carbonchio (che includeva varie pietre preziose di colorazione rossa, come il rubino e granato) e il topazio. La classificazione delle gemme si basava perlopiù sul loro colore e le presunte proprietà magiche, dato che – secondo Aristotele (383-322 a.C.) - pietre preziose si generavano grazie all´influsso dei astri (per secoli la credenza che l´oro sia associato a zone molto soleggiate sarà tramandato nelle “opere mineralogiche”). La simmetria regolare dei cristalli (termine derivato da crystallos, nome attribuito al quarzo) non suscita grande interesse e in parte viene considerata artificiale! Solo nell´eta rinascimentale, con Nicola Stenone (1638-1686) e Domenico Guglielmini (1655-1710), si considera la possibilità che cristalli sono formati dall´aggregazione regolare di particelle minuscole.
La classificazione di minerali basato sulla colorazione e proprietà magiche verrà applicata per un lungo periodo di tempo, dall´antichità al medioevo fino al rinascimento. Il che pone diversi problemi, sopratutto di capire di quali minerali moderni gli antichi autori parlano. Se vari minerali moderni furono classificati, basandosi sul loro colore, come un´unica specie (come il già menzionato smeraldo o carbonchio), altri furono suddivisi ignorando la loro uniforme composizione chimica– cosi le varietà di quarzo (quarzo cristallino, ametista, calcedonio, opale, …) erano considerati differenti minerali. I cataloghi delle rocce includevano anche sostanze di origine organica, come corallo o pietre generate nelle viscere di animali (probabilmente calcoli).
 
Un grande passo in avanti nella classificazione dei minerali si deve all´medico e metallurgista Georg Bauer o Giorgio Agricola (1494-1555).  Nella sua opera raccoglie le conoscenze empiriche dei minerali utili per l´estrazione di metalli, descrive come essi si trovano in vene e propone una classificazione basata sul colore, il peso specifico, la trasparenza, la lucentezza, la forma e l´abito cristallino, la durezza, la sfaldatura, la fusibilità e la solubilità. Distingue “corpi semplici” composti solo da una sostanza (un minerale), le “terre” (materiale argilloso) e “corpi composti” o “pietre”, categoria che include pietre per la costruzione  o per uso ornamentale, i metalli, i minerali metalliferi e le gemme.
 
Conrad Gesner (1516-1565), contemporaneo di Agricola, classifica animali, piante e fossili, che includono corpi dissotterrati, come minerali, veri fossili e reperti archeologici.
 

Fig.1. Pagine del “Hortus sanitatis – Tractatus de lapidibus”, anonimo della fine del ´400, raccolta di pietre e minerali per l´uso magico e terapeutico, I minerali sono elencati in ordine alfabetico e vengono a loro attribuiti virtù magiche (“operationes”) o particolari effetti morali.

La classificazione proposta da questi naturalisti rimane incompleta ed é più l´eccezione che la regola, ancora per molto tempo prevale una “mineralogia mistica”. Solo on l´avvento della chimica nella metà del settecento i primi cataloghi mineralogici  - da menzionare le opere dei chimici svedesi Johan Gottschalk Wallerius (1709-1785), Axel Fredrik Cronstedt (1722-1765) e Torbern Olof Bergman (1735-1784) - comparabili a opere moderne vengono pubblicati.

18 ottobre 2015

La sesta estinzione

"[]...ci sono buoni motivi per affermare che l´umanità ha dato inizio alla sesta estinzione, sprofondando nell´eterno oblio, nel giro di poche generazioni, gran parte delle specie viventi a essa contemporanee.”
Edward O. Wilson
 
Nella 3.5 miliardi di anni lunga storia della vita sulla terra il 99% di tutte le specie si sono estinte. Estinzione é parte fondamentale della esistenza stessa, ma normalmente controbilanciata della specializzazione di specie. Un´estinzione di massa é un´ periodo geologicamente breve in cui almeno 3/4 delle specie si estinguono e l´evoluzione di nuove specie non riesce a tenere passo con la perdita di specie. Si conoscono nella storia della vita sulla terra  almeno cinque di questi periodi – alla fine del Ordovícico (in cui scompaiono 86% delle specie conosciute a quel tempo), Devoniano (75%), Permiano (96%), Triassico (80%) e la più famose e ultima di fine Cretaceo (76%). Ma anche dalla fine dell´ultima glaciazione sono scomparse molte specie di animali e vegetali, l´iconica megafauna pleistocenica persa, seguita dalla scomparsa dei mammiferi di medie dimensioni. Quale ruolo giocano cambiamenti climatici e l´avvento dell´uomo in questa estinzione rimane dibattito aperto. 

Da 400 anni si osserva una ulteriore accelerazione del tasso di estinzione - una lunga lista che include mammiferi, uccelli, rettili e anfibi, sopratutto molte specie endemiche. 

Fig.1-4. Ripreso da BRILLANTE, G. Capolavori perduti - Rapporto su quattro secoli di estinzioni animali.

In questo periodo l´effetto disastroso dell´uomo e la sua civilizzazione - distruzione del habitat, sterminio diretto per caccia, introduzione di organismi nocivi alla fauna locale e concorrenza da parte di animali domestici - é praticamente innegabile.
 
"Quanto c´é voluto perché dopo ogni evento di quella portata l´evoluzione rimediasse alle perdite? Per un avvio deciso ci vollero ogni volta 5 milioni di anni, ma il recupero completo richiese invece decine di milioni di anni. Un lasso di tempo talmente lungo da non avere nessun significato per gli uomini di oggi."
Edward O. Wilson

Bibliografia:
 
BARNOSKY, D.A.; MATZKE, N.; TOMIYA, S.; WOGAN, G.O.U.; SWARTZ, B.; QUENTAL, T.B.; MARSHALL, C.; McGUIRE, J.L.; LINDSEY, E.L.; MAGUIRE, K.C.; MERSEY, B. & FERRER, E.A. (2011): Has the Earth's sixth mass extinction already arrived? Nature Vol. 471: 51-57

27 settembre 2015

Il diluvio universale nella storia della geologia

“[...] le scritture sacre non possono insegnare nulla ai filosofi della natura, e riempiono la mente con pregiudizi, mentre ci insegnano le vie per le sfere celesti, e non i fenomeni del mondo."
Antonio Vallisneri
È un mito moderno – la scoperta della biblica Arca di Noè, ma a parte sensazionali affermazione mai nessuna prova concreta é emersa. Comunque  vale la pena di approfondire la tematica dell´antico mito del diluvio universale e il ruolo che questa spiegazione - un’inondazione mondiale - ha giocato nella storia della geologia.

La storia del diluvio universale della bibbia si basa su un racconto ancora più antico, Il "poema epico di Gilgamesh" fu scoperto nel 1850 inciso su tavolette di argilla datate tra il 2.900 e 1.530 a.C. In questo mito si racconta come  i dei infastiditi  dal rumore degli uomini mandarono una inondazione, da cui solo un uomo di nome Utnapischtim, insieme alla moglie e degli animali, riuscì a salvarsi imbarcandosi su una grande nave. Dalla cultura mesopotamica il mito si é diffuso poi sia in storie orientali che occidentali.
 
È noto che già Leonardo da Vinci (1452-1519), basandosi su osservazioni di fossili completi nelle colline di Milano, rifiuta l´ipotesi di un’alluvione, che avrebbe distrutte e disperse le fragili conchiglie. Da Vinci non pubblica le sue osservazioni e cosi fino alla meta del 19° secolo I depositi della glaciazione furono interpretate come le prove tangibili del diluvio, da cui prese anche il nome della prima divisione stratigrafica dei sedimenti in pre-diluviali e diluviali.
Ma già nel 18° secolo molte controversie emergono sulla tematica. Il medico e naturalista Johann Jakob Scheuchzer (1672-1733) interpreto sia fossili che le rocce sedimentarie osservati sui monti come prova del diluvio universale. Scheuchzer era in contatto con il naturalista italiano Antonio Vallisneri (1661–1730) che però reinterpreto le varie prove presentate. Perché fossili potevano essere trovati solo in certi strati e località ? Valisneri riporta l´esempio delle montagne toscane, in cui aveva osservato conchiglie simili a quelle che possono essere trovate nel mare, mentre nelle Alpi - cosi Valisneri - non si potevano trovare tali conchiglie. Vallisneri, pur considerando la spiegazione biblica, postula che si trattava di depositi di diverse inondazioni, spiegazione che pero portava a un´altro problema. 
Se si trattava di più episodi, questi dovevano succedersi nel corso del tempo e la terra essere molta antica, il che non combaciava con la presunta cronologia biblica. Anche I spessi strati di rocce osservate ponevano un grande problema per l´idea di un singolo diluvio ma una terra giovane (stimata in alcuni migliaia di anni al massimo).
Il problema non fu veramente risolto fino al 19° secolo. Il naturalista Georges Cuvier (1769–1832) assumeva che il diluvio universale era l´ultima di una serie di rivoluzioni globali, che si erano susseguite in tempi remoti. Il geologo britannico Charles Lyell (1797-1875) postulò che eventi catastrofici erano l´eccezione e non la regola sulla terra, catastrofi globali impossibili e perciò il diluvio una spiegazione inutile. Il punto più importante era la reinterpretazione dei depositi diluviali, non come sedimenti depositati da acqua, ma sedimenti glaciali.
 
Per quanto riguarda la "scoperta" dell´Arca … nel 1829 il medico tedesco Friedrich Parrot, primo scalatore dell'occidente a salire sull´Ararat (in turco Agri Dagh, la montagna del castigo e un vulcano attivo) poté ammirare una croce del monastero di Echmiadzin (distrutto da una eruzione vulcanica nel 1840) che secondo leggenda era costruita con il legno dell´Arca. Nel 1919 l´aviatore russo Roskowistzki riprese una strana formazione nel ghiacciaio dell´Ararat, che però con successivi studi si rivelò una semplice formazione geologica.
 

Nel 1955 un industriale francese, Ferdinand Navarra, di ritorno da una terza spedizione sul luogo, affermò di avere recuperato una trave di legno di quercia dal ghiacciaio dell´Ararat a 4.000m (nei pressi della gola Ahora, dove sorgeva il monastero, sul lato nord-est del vulcano). Una datazione risulto in un´eta di 5.000 anni, ma la storia inverosimile dell´archeologo dilettante e dubbi di come una trave di legno si potesse preservare in un ghiacciaio in movimento per 5.000 anni, fece nascere seri dubbi sulla veracità del reperto.
 

Negli anni ottanta e novanta gli arceologi, come si auto-riferiscono i ricercatori dilettanti, si misero a interpretare le foto disponibili di aerei di spionaggio russi e americani, senza risultato concreto e con solo molte speculazioni su delle macchie nel ghiaccio.
 
Per la tradizione del corano l´arca si é arenata nell'odierna Turchia, sull´altopiano di Dogubayazit a 2.300m di quota e a 300 chilometri a sud dell´attuale monte Ararat. Questo territorio si trova ai confini di quella regione che storicamente era chiamata Ararat. Esplorando la zona nel 1910, l´archeologa inglese Gertrude Bell scopri una conformazione geologica, che naturalmente fu interpretata come i resti dell´arca pietrificata ! Nel 1994 David Fasold dell´Università del New York presento i risultati di sei anni di ricerca sulla presunta arca e affermó che strati di ossido di ferro rappresentavano i resti delle fasce di ferro dello scafo e delle pietre trovati nella zona erano state usate come ancore o stabilizzatori. Ma I geologi Lorence Collins e Ian Pilmer, che visitarono il sito, smentirono le strambe teorie di Fasold che dovette pubblicamente ritirare le sue affermazioni. La struttura non era altro che una grande piega geologica, erosa dal sottosuolo.
 
Bibliografia:
 
KÖLBL-EBERT, M. (ed.) Geology and Religion: A History of Harmony and Hostility. The Geological Society, London, Special Publications, 310: 77–81

2 agosto 2015

In viaggio geologico insieme a Darwin

Fin dalla sua gioventù Charles Darwin aveva mostrato un interesse al mondo naturale – tra cui campi classici come la collezione di coleotteri e di minerali. I suoi primi passi da vero naturalista, con tanto di pubblicazioni, seguirono la geologia dei luoghi che aveva visitato durante il viaggio dell’ Beagle tra il 1831-1836.
 
Ma già il nonno di Darwin, Erasmus Darwin, si interessò alla geologia e studio le formazioni geologiche scoperte in grotte naturali e si interesserò  della formazione di minerali. Scopri fossili e ipotizzava su questa osservazione che la terra era notevolmente più antica di quanto immaginato in testi sacri e che la vita si poteva generare ed evolvere spontaneamente.
 
Durante i suoi anni universitari, Charles Darwin non s´interesserò particolarmente alla geologia, ma nel 1831 il botanista John Stevens Henslow introdusse Darwin a Adam Sedgwick, professore di geologia e botanica all´università di Cambridge.
Sedgwick stava studiando le rocce del North-Wales, interessato alla revisione stratigrafica della zona (Sedgwick più tardi definisce l´epoca geologica del Cambriano basato sulle osservazioni raccolte durante questa spedizione) una grande opportunità per Darwin, nativo della piccola cittadina di Shrewsbury. Darwin scrive a un collega "Sono ora pazzo [per] la geologia...[]".
 
Sedgwick arriva a Shrewsbury il due d´agosto, visita alcuni affioramenti nelle vicinanze, non é chiaro se già insieme con Darwin, di sicuro i due naturalisti lasciano la cittadina il 5. agosto, dirigendosi verso nord. Secondo le carte geologiche dell´epoca le formazioni geologiche che interessavano Sedgwick affioravano in questa zona, ma anche con l´aiuto di un altro noto geologo, Robert Dawson, i tre non riuscirono a trovare la formazione del Old Redstone. Sedgwick continua perciò il suo viaggio verso l´isola di Anglesey, Darwin nella sua autobiografia scrive che i due si separarono, dato che Darwin voleva studiare le rocce vulcaniche di Capel Curig – ma durante il viaggio sulla Beagle Darwin descrive affioramenti di serpentinite sulle isole di Capo Verde, questo tipo di roccia Darwin avrebbe potuto solo incontrarla su Anglesey, anche se in alternativa é possibile che abbia studiato i campioni raccolti da Sedgwick.
 
Fig.1. Carta geologica del North-Wales e l´isola di Anglesey (cartografata per la prima volta da Henslow nel 1821), con la spedizioni di Darwin e Sedgwick ricostruita da ROBERTS 2001.

Passando per Barmouth il 29. agosto Darwin ritorna a casa a Shrewsbury, dove lo aspetta una lettera del capitano FitzRoy - un´invito per una spedizione naturalistica-geologica (FitzRoy era un´appassionato geologo amatoriale) intorno al mondo a bordo del brigantino "HMS Beagle".

Tutt'oggi venti pagine di note scritte da Darwin durante l´esplorazione del North-Wales sono conservate e nella sua autobiografia Darwin nota che "questa spedizione era decisiva per mostrarmi un po' come mappare la geologia di un paese…" Difatti durante il suo viaggio a bordo della Beagle Darwin riempia 1.383 pagine con note geologiche e solo 368 con note biologiche.
 
Darwin pubblica i suoi libri sulla geologia osservata durante i cinque anni di viaggio tra il 1842 e 1848. Dal luglio 1844 in poi lavora a una versione pubblicabile sulla sua teoria di trasmutazione delle specie per via della selezione naturale  - nell' opera finale "On the Origin of Species", pubblicata nel 1859, la geologia comunque occuperà "solo" due capitoli, forse un risultato del suo “frettoloso” lavoro dopo la lettera di A. Wallace, ricevuta nel 1858. Forse lo spazio limitato dedicato alla geologia scaturisce anche dalla sua considerazione che il record fossile non era abbastanza completo per dimostrare la sua teoria, ma forse anche semplicemente dal fatto che gli interessi di Darwin si erano nuovamente diretti verso la zoologia e botanica. 
Ma non c´é dubbio che la geologia ha giocato un importante ruolo nel pensiero di Darwin –  la geologia, con I suoi lenti ma inesorabili movimenti e cambiamenti, era un perfetto esempio di come anche la vita poteva – lentamente ma inesorabilmente – evolversi.
 
Bibliografia:
 
HERBERT, S. (2005): Charles Darwin, Geologist. Cornell University Press: 485
ROBERTS, M. (2001): Just before the Beagle: Charles Darwin's geological fieldwork in Wales, summer 1831. Endeavour Vol. 25(1): 33-37

18 luglio 2015

Alla Ricerca dell´Immortalità Geologica

Il mio nome è Ozymandias, re di tutti i re,
Ammirate, Voi Potenti, la mia opera e disperate!
Null'altro rimane. Intorno alle rovine
Di quel rudere colossale, spoglie e sterminate,
Le piatte sabbie solitarie si estendono oltre confine

Non sapevano se era la maledizione, di cui gli anziani avevano raccontato da generazioni, ma da quando avevano aperto quella strana caverna, con le pareti ricoperte da simboli gialli, ma anche strisce rosso e bianche e che nessuno poteva comprendere, una strana malattia li aveva colpito. Strani tumori ricoprivano il corpo e molti di loro morirono...
 
Molti di noi si ricorderanno ancora della disastro di Cernobyl', dopo l´esplosione del reattore materiale radioattivo fu liberato nel ambiente e trasportato coi venti in tutte le direzioni - un´pericolo che non si poteva vedere, sentire o toccare, ma comunque si sapeva esistere. Ma cosa succederebbe se una civiltà, a cui la tecnologia della fissione nucleare é sconosciuta, scoprirebbe i resti fossili delle nostri centrali nucleari o ancora peggio si aprisse un varco nei depositi per le scorie nucleari? Le scorie prodotte oggigiorno rimarranno radioattivi e pericolosi per 10.000 a 100.000 anni, come tramandare l´avvertimento del pericolo non visibile sprigionate da esse?
 
Il film "Into Eternity" esplora la costruzione di un deposito di scorie nucleari in Finlandia - che deve persistere per almeno 100.000 anni e con lui la memoria del pericolo contenuto in esso.

L´uomo fin dall´antichità ha cercato di sconfiggere il tempo, cercando l´immortalità tramite una memoria eterna di se stesso. Ma la storia insegna che nulla dura in eterno – anche i monumenti più grandi di una potente civiltà possono svanire,  forse per mano di una catastrofe naturale, forse una rivoluzione o un semplice graduale cambio della priorità e identità culturale. Monumenti potevano tenere sveglio il ricordo di un certo imperatore per decenni e secoli, ma se la civiltà svanisce, cosi svanisce anche il ricordo, anche se l´umanità come specie continua la sua esistenza  – cosi dopo il declino e crollo dell´impero romano, il colosseo perse ogni significato culturale e ben presto fu usato dai nuovi arrivati come cava per pietre di costruzione.
 
Di sicuro il formato elettronico é il meno adatto archivio se si pensa ai tempi geologici– formati come audiocassette e floppy-disc sono  illeggibili già tuttora, dato che la tecnologia per leggerli é obsoleta e rimpiazzata da tecnologie digitali. Ma anche queste prima o poi diverranno obsolete e probabilmente saranno dimenticate. La carta, se conservata in modo adatto, può sopravvivere alcuni centinaia di anni. Le tavolette di argilla iscritte dai sumeri sono ancora leggibili dopo 5.000 anni, anche se era necessario riscoprire il modo di leggere la scrittura cuneiforme. La resistenza di rocce contro le intemperie del tempo ha ispirato l´artista Martin Kunze a creare un archivio della conoscenza – il “Memory of Mankind”- sotto forma di tavolette di ceramica in cui vengono impresse immagini e teste. Anche se materiale resistente, anche questo formato verrebbe eroso dal tempo, per questo si ha deciso di depositare il tutto in una antica miniera di sale. Il sale é un minerale plastico, col passare del tempo tende a riempire la cavità scavata in esso, inglobando le piastrelle di ceramica e proteggendole da infiltrazioni d´acqua o movimenti tettonici. Inoltre un´ipotetica civiltà che sarebbe in grado di raggiungere questo archivio, dovrebbe possedere almeno conoscenza e struttura basilare (avendo inventato l´estrazione mineraria), cosicché essere in grado di comprendere di cosa si potrebbe trattare vedendo quei strani segni impressi sulle tavolozze e cercare di tradurre quei testi e avvertimenti.
 
Simile approccio é stato usato dalla agenzia nazionale francese per lo smaltimento delle scorie radioattive – creando dei dischi di ossido di allumino (saffiro sintetico), placcate in platino, durata stimata di leggibilità é di alcuni migliaia di anni – se esiterà ancora la tecnologia per leggere I microsimboli impressi su questi dischi.
 
Un´intrigante alternativa agli archivi scritti fu ideata dal linguista Thomas Sebeok (1920-2001) – l´idea é di tramandare il pericolo e i luoghi proibiti tramite leggende e miti, quasi come una religione. La descrizione del pericolo potrebbe essere tramandata da generazioni in generazioni, sotto forma di comandamenti o riti. 
Ma anche qui si pone il problema, generazioni future potrebbero capire il significato dietro un certo gesto, o ripeterlo automaticamente per pura comodità (chi si ricorda il vero significato dietro l´albero di natale, simbolo celtico della vita rigenerata, adattato prima dal cristianesimo e poi dal capitalismo). E cosa dire di un possibile abuso di questo "sapere proibito"? Chi non si ricorda l´ultimo atto del film "Beneath the Planet of the Apes" (1970), in cui gli ultimi sopravissuti venerano una bomba atomica come il loro unico e vero dio... un dio della morte...

4 luglio 2015

Rocce e Minerali: I Feldspati

I feldspati sono il gruppo di minerali più comuni in assoluto nella crosta terrestre, formandone da soli più della metà. I feldspati comprendono minerali che formano perlopiù cristalli prismatici più o meno tabulari, generalmente di colorazione biancastra anche se esistono varietà di colorazione rossa, blu-verde e gialla. Lucentezza vitrea, durezza di Mohs tra 6 a 6.5 con densità di circa 2.6 g/centimetri-cubi. 
I feldspati formano una serie isomorfe tra I membri di un triangolo di miscibilità – i termini puri comprendono il feldspato di potassio (K), di sodio (Na), di calcio (Ca) e di bario (Ba), quest´ultimo, chiamato celsiana in onore del naturalista svedese A. Celsius é piuttosto raro. L´ortoclasio, il cui nome significa “frattura ad angolo retto”, dato che la sfaldatura avviene secondo due piani di sfaldabilità quasi a angolo retto, contiene potassio (K). L´albite, feldspato di sodio (Na), deriva il nome dal greco albus – bianco, a causa del suo colore. L´anortite, l´altro termine dei feldspati con il sodio rimpiazzato dal calcio (Ca), dal termine anortos, l´obliquo, a causa della sua struttura cristallina. Il termine generale usato per queste due modifiche di minerale  – il plagioclasio – fa anch´esso riferimento alla sfaldatura obliqua che caratterizza questi cristalli, dal greco plagios – obliquo.
 
I feldspati sono componenti essenziali di quasi tutti I tipi di rocce, rispecchiandone anche il chimismo. Un granito, ricco in silice, tende a contenere oligoclasio (Na, Ca), mentre un basalto, ricco di ferro e magnesio e povero di silicio, tende a contenere un plagioclasio ricco di Ca.
Fig.1. Il periclino é una varietà di albite tipica e frequente delle fessure alpine, dove forma cristalli prismatici allungati e talvolta geminati in modo caratteristico.
Fig.2. Gneiss occhiadino, tipica roccia di alto grado di metamorfismo. Grandi, ma deformati cristalli di feldspato formano gli "occhi" i sottili veli scuri che circondano gli «occhi» sono letti di mica che formano la scistosità poco sviluppata.
 

I feldspati comprendono anche I cristalli più grandi conosciuti, con un microclino con dimensioni di 50x36x14m con un peso di 16.000 tonnellate scoperto nel Colorado

23 giugno 2015

Fossili o Mostri?

Jurassic World é appena uscito e già considerato uno dei film con maggior´successo di sempre - dal punto strettamente economico. Infatti la pellicola soffre dei soliti problemi dei sequels, nessuna idea o contenuto originale, effetti speciali di qualità inferiore al primo (che era del 1993!) e dinosauri che oramai sono più mostri cinematografiche che creature plausibili (anche se il primo film adottò non poca libertà artistica). Ma la raffigurazione dei dinosauri in Jurassic World come veri e propri “meme d´internet” pone la domanda … la ricostruzione di animali estinti si basano sulla storia naturale o sulla natura di noi esseri umani? 

Può sorprendere realizzare che le ricostruzioni di dinosauri, almeno nella cultura popolare, sono fortemente influenzate dall´ambiente politico prevalente. Durante la guerra fredda i dinosauri appaiono come mostri atomici o come creature del passato, incapaci di adattarsi e cosi autori della loro stessa estinzione (idea sicuramente influenzata dalla inquietante possibilità di una guerra nucleare al tempo e l´estinzione della specie umana). Ma l´influsso della cultura sui fossili precede di molto i dinosauri cinematografici...
 
Forse il più antico tentativo di ricostruire un´animale fossile é la raffigurazione su un vaso greco (datato ad almeno 2.600 anni) della battaglia tra  Perseo e Ceto. Adrienne Mayor, che ha studiato la relazione tra antiche culture e fossili, propone che la strana testa del mostro sia basato sul cranio fossile di una specie di giraffa estinta, che emerge dai sedimenti miocenici che ricoprono gran parte dell´area greca. Gli antichi sicuramente conoscevano fossili, conchiglie e ossa furono sicuramente notate per la loro forma e in parte interpretate come resti organici – anche se di mitologici mostri.
Fig.1. Cranio di elefante nano della sicilia... oppure mitico ciclope?

Nel medioevo la situazione diviene più confusa. Molti resti fossili giocano un´importante ruolo nei miti, storie e fiabe medievali – cosi I denti fossili di squalo erano ricercate come “glossopetrae”, pietre abili di neutralizzare ogni veleno. Questi reperti erano considerati in ogni caso come d´origine sovrannaturale oppura magica. 
Ossa fossili avevano una spiegazione piú naturale. Durante scavi e costruzione non era inusuale scoprire delle grande ossa e ancora oggi in molte chiese sono esposta questi “resti di giganti” o ´“unicorno”.  È curioso notare che l´unicorno fossile era considerato superiore nelle sue qualità magiche al´unicorno falso e recente”, che si sapeva essere il dente sovra-sviluppato del narvalo.
La scultura del drago di Klagenfurt, realizzata nel 1590 dal scultore Ulrich Vogelsang, pone un´interessante quesito. Verosimilmente la scultura é basata sul ritrovamento nel 1335 di un cranio di rinoceronte lanoso fossile. Pur modellando la testa seguendo I contorni del teschio reale, Vogelsang parte dal presupposto che si tratta di una creatura fantastica – il risultato finale rispecchia perciò più l´opinione dell´artista che la realtà. 

È facile deridere oggigiorno Vogelsang, che comunque era incaricato di creare una scultura ornamentale, non una ricostruzione anatomica. Solo nel 18° secolo compareranno le prime  ricostruzione basato su concetti scientifici, anche se preconcetti continueranno (e continuano) a giocare un´importante ruolo.

Continua...

11 giugno 2015

William Smith e la mappa che a che ha cambiato il mondo

Giugno 11, 1813, l´ingegnere e rilevatore William Smith viene arrestato e portato alla prigione di  King's Bench a sud di Londra. Dopo anni di attesa, uno dei tanti creditori di Smith aveva finalmente sporto denuncia, Smith fu imprigionato finché i suoi averi fossero messi all´asta per pagare i suoi debiti. Smith in una nota scritta molto più tardi ricorda:

L´uomo e i suoi fossili forse possono essere imprigionati, ma mai le sue scoperte ... la collezione perduta, libri e pubblicazioni disperse, a lui fu tolta ogni cosa tranne i suoi ricordi."

Smith per anni aveva investito (e perso) grandi somme di denaro nella pubblicazione di una carta topografica molto speciale – sopra la topografia aveva delimitato e colorato delle aree che rappresentavano la litologia del sottosuolo.
 
Smith non era il primo con questa idea, ma era il primo a realizzare una carta a grandi dimensioni (che comprendeva quasi tutta l´Inghilterra) e il primo ad usare anche i fossili per identificare le formazioni geologiche. Prima di Smith il medico e naturalista Martin Lister (1639-1712) aveva proposto di mappare la distribuzioni dei tipi di suolo nella campagna. Dato che il suolo si forma dall´erosione delle rocce, questo metodo avrebbe reso possibile creare una carta geologica. Ma Lister, cosi sembra, mai realizzo questa sua idea. L´italiano Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730) intraprese il prossimo importante passo: per uso militare creo una carta in cui segnalava gli affioramenti rocciosi (interessanti per la costruzione di fortificazioni) - una carta dei dintorni di Bologna (1717) mostra gli punti e le cave in cui si poteva estrarre rocce e gesso, Marsili poi collega questi singoli punti con un´area tratteggiata, implicando che i strati geologici continuano anche nel sottosuolo.

 
Fig.1. Una carta mineralogica francese pubblicata nel 1780, che mostra cave, miniere e altri punti d´interesse geologico. Il rilievo topografico era all´avanguardia per quei tempi, ma i naturalista ancora esitavano a connettere i singoli affioramenti di rocce tra di loro - dato che non si sapeva praticamente nulla del sottosuolo, sembrava troppo azzardato ipotizzare strati e strutture geologiche.

Smith si spinse oltre. Non solo aveva mappato e colorato un´area vastissima, ma grazie ai fossili guida era capace di separare formazioni geologiche a prima vista molto simili, una risoluzione stratigrafica mai raggiunta prima. Smith capì anche che i strati geologici erano inclinati, usando una ombreggiatura poteva sottolineare questo particolare anche sulla carta geologica. Purtroppo Smith era talmente cauto e meticoloso che ritardò di anni la pubblicazione delle sue carte, intanto si prestava sempre nove somme di denaro, fino a quel fatidico giorno nell´estate del 1813.

Amici di Smith avevano comprato i suoi appunti messi all´asta, non tutto il lavoro era andato perduto. Ma Smith, disilluso, dopo il suo rilascio dalla prigione, fuggi da Londra, mai più a ritornare. Ma la storia per fortuna non finisce qui...


Fig.2. La grande carta geologica pubblicata da Smith nel 1815, Smith si ispirò per i colori all´aspetto delle rocce stesse – economicamente importanti formazioni di carbone sono tenute in nero – Smith era un´uomo pratico é considerava la sua carta come una "mappa del tesoro", utile per capire dove trovare ricchezze geologici – carbone, metalli e rocce edilizie.

Bibliografia:

WINCHESTER, W. (2001): The Map that Changed the World: William Smith and the Birth of Modern Geology. New York: Harper Collins: 352

6 giugno 2015

La Geologia del D-Day

In preparazione per il D-Day e l´invasione della "roccaforte nazista" il 6 giugno 1944 non solo  strategia, organizzazione e potenza militare degli alleati furono decisive, ma anche la geologia della Normandia. 

L´affluenza di diversi grandi fiumi tra i porti di Le Havre e Cherbourg ha creato grandi zone sabbiose su cui era possibile approdare con speciali veicoli anfibi. Nel gennaio 1944 dei subacquei della intelligence britannica recuperarono alcuni campioni di sabbia, geologi dovevano analizzare la mineralogie e la granulometria delle spiagge per poter decidere se la sabbia poteva portare i pesanti mezzi militari – senza carri armati era quasi impossibile espugnare i bunker costruiti dai tedeschi sulla spiaggia e liberare la via per le truppe.
 

Fig.1. Carta strategica con gli avanzamenti alleati e carta geologica semplificata. Grandi fiumi che trasportano sedimenti dall´entroterra composto da rocce metamorfiche e sedimentarie hanno creato delle spiagge sabbiose, abbastanza stabili per pesanti mezzi e l´invasione con truppe. Gli alleati conquistarono prima le zone calcaree, ideali per costruzioni dell´infrastruttura e l´importante campo d'aviazione britannico.

L´entroterra della Normandia é caratterizzato dall´altopiano di Calvados, composto da calcaree giurassico e coperto da un sottile strato di sabbie eoliche depositate li durante l´ultima era glaciale. Questo paesaggio quasi piano é asciutto era un luogo ideale per costruire piste d´atterraggio, dato che solo con degli aeri era possibile garantire l´approvvigionamento delle truppe alleati nel corso della battaglia per la Francia. La zona offriva anche buone rocce per costruzione di edifici e infrastrutture. Dall´acquifero nelle formazioni calcaree gli alleati poterono anche pompare fuori l´acqua potabile.

L´invasione della Normandia non solo fu influenzata dalla geologia, ma a sua volta ha cambiato la geologia. Nelle sabbie e sedimenti delle spiagge ancora oggi si trovano piccoli sfere magnetiche e gocce di vetro. All´impatto col suolo le granate sparate esplodono e fondono in parte la sabbia e il metallo dell´ordigno, raffreddandosi il metallo assume le forme di piccole gocce e sfere, rese luccicanti dal continuo moto delle onde.
 

Alcuni geologi stimano che questi sedimenti antropici sopravviveranno alcuni centinaia a migliaia di anni, forse, depositandosi nei crateri creati dalle esplosioni, si formerà, nel corso di milioni d´anni, anche una nuova formazione geologica - la traccia della follia umana impressa nelle rocce stesse.

26 maggio 2015

L´eruzione della Pelée e l´estinzione di una specie

Nel passato vivevano almeno tre specie endemiche di ratto gigante sulle isole delle Caraibi. Sulla specie Megalomys audreyae non si sa praticamente nulla, dato che la specie é stata descritta solo materiale fossile frammentario scoperto su Barbuda nel 1900. Il ratto gigante di Saint-Lucia (Megalomys luciae) sopravvisse fino al 1852 e sono conosciuti solo un paio di esemplari imbalsamati. Il ratto gigante di Martinique (Megalomys desmarestii) fu descritta nel 1654 dal naturalista francese Jean-Baptiste Du Tertre, basandosi sulle varie ricette dei indigeni a cucinare la specie. 
 Fig.1. Ricostruzione storica di Megalomys desmarestii.

Fino al 1890 la specie era abbastanza diffusa, ma caccia, distruzione del habitat e sterminio della specie come animale nocivo velocemente ridussero la popolazione. All´inizio del 20° secolo solo sparse e piccole popolazioni sopravvissero sulle pendici delle montagne del´isola, tra cui La Pelée – un vulcano attivo. Nell´aprile 1902 l´antica montagna si risveglio e si formo un´lago di acqua bollente sulla sommità.

La popolazione della città di St. Pierre, proprio ai piedi della montagna, si preoccupo, ma le autoritá locali assicurarono che la montagna non poneva nessun pericolo. Nella mattinata del 8 maggio 1902 la montagna esplose in una serie di devastanti flussi piroclastici - valanghe ardenti di gas e rocce  incandescente, 20- a 40.000 persone perirono. 

. The "Samson of St. Pierre".

Fig.4. and 5. Photograph of St. Pierre, Martinique, in the 19th century long b - See more at: http://historyofgeology.fieldofscience.com/2011/05/may-8-1902-la-pelee.html#sthash.aDfx2cb3.dpuf


Fig.4. and 5. Photograph of St. Pierre, Martinique, in the 19th century long before the eruption, and ph - See more at: http://historyofgeology.fieldofscience.com/2011/05/may-8-1902-la-pelee.html#sthash.aDfx2cb3.dpuf


Fig.4. and 5. Photograph of St. Pierre, Martinique, in the 19th - See more at: http://historyofgeology.fieldofscience.com/2011/05/may-8-1902-la-pelee.html#sthash.cXdiLzE7.dpuf


Fig.4. and 5. Photograph of St. Pierre, Martinique, in the 19th - See more at: http://historyofgeology.fieldofscience.com/2011/05/may-8-1902-la-pelee.html#sthash.cXdiLzE7.dpuf
Fig.2. La città di  St. Pierre, Martinique, alla fine del 19°secolo e pochi giorni dopo la disastrosa eruzione del maggio 1902.

I fianchi della montagna furono completamente spogliati della vegetazione, nessun animale avrebbe potuto sopravvivere a questo inferno. Spedizioni successive non riuscirono a trovare nessuna traccia dell´ultima popolazione di  Megalomys desmarestii conosciuta – l´eruzione della  Pelée era l´ultimo atto nell´estinzione di questa specie.
 
Bibliografia:
 
SEMAL, L. (2014): Bestiarium – Zeugnisse ausgestorbener Tierarten. Haupt-Verlag: 168

24 maggio 2015

Guerra e Granito

"Se conosci il tuo nemico e te stesso, non ci sara dubbio sulla tua vittoria; se conosci cielo e terra, la tua vittoria sara completa."
L´arte della guerra, Sun Tzú
 
All´inizio del 19° secolo Napoleone Bonaparte é l´armata francese si misero in marcia per conquistare ´Europa. L´impero austriaco fu sconfitto nel 1805 e perse numerosi territori. Il governo austriaco in seguito non si oppose apertamente ai francesi e i loro alleati, ma promosse una politica locale di mobilitazione popolare, sopratutto in Tirolo, che dopo la sconfitta era rimasto sotto controllo del Regno di Baviera.
Solo il 9 aprile 1809 l´Austria dichiaro ufficialmente guerra alla Francia e truppe entrarono nel Tirolo. Ma già in maggio la capitale austriaca cadde in mano ai francesi e in luglio fu sconfitto l´esercito regolare austriaco.
Nel maggio 1809 le truppe bavarese riuscirono a sconfiggere anche le milizie locali tirolesi. Queste prime battaglie si svolgevano ancora nelle ampie valli principali,  in cui le forze con equipaggiamento e numero superiore avevano un netto vantaggio. 

Ma tra il 4 al 5 agosto 1809 i tirolesi si ritirarono verso sud, nei pressi di Vipiteno. Usando la stretta morfologia della vallata dopo Vipiteno, quasi interamente occupata dal fiume Isarco in questo tratto, i tirolesi scagliarono macigni e tronchi sulle truppe nemiche, fermandole. Le truppe attaccanti erano costituite da soldati della Turingia, Bavaria e Sassonia –  dopo la vittoriosa battaglia la stretta fu perciò soprannominata “Sachsenklemme” - la stretta dei sassoni.
 
Fig.1. Due immagini della battaglia il 4/5 agosto 1809 nella Sachsenklemme. La seconda immagine é un disegno a penna sfumata di Benitius Mayr (1760-1826), professore di filosofia a Innsbruck.

La Sachsenklemme deve la sua esistenza alle differenti litologie presenti nell´area, alla tettonica e al´erosione fluviale. In questo tratto l´Isarco si ha scavato un letto nella grande intrusione magmatica del Granito(-diorito) di Bressanone. Mentre i bordi verso sud sono formati da un contatto tra l´intrusione e le rocce del basamento cristallino, la delimitazione verso nord é formato dal netto limite tettonico della Faglia Periadriatica
La città di Vipiteno si trova ancora in un´ampia conca, formata in scisti facilmente erodibili a nord della faglia, ma a pochi chilometri a nord il paesaggio cambia nettamente. 
A sud della faglia, nell´intrusione magmatica composta da roccia dura e resistente all´erosione, ci si trova davanti a una valle abbastanza stretta, delimitata da rapidi pendii che possono salire anche sopra i mille metri d´altezza. Oggigiorno il fondovalle é bonificato, foreste e paludi sono scomparse, il fiume Isarco regolato e ci passano sia l´autostrada per il Brennero che le strade statali. Ma 200 di anni fa la zona era ancora impervia, con il fiume che occupava gran parte del terreno, delimitato dalle pareti composte dalle rocce granitiche. Fu questo terreno e cosi la geologia che i tirolesi seppero sfruttare saggiamente per avere un vantaggio sulle truppe straniere.

Fig.2. Carta geologica dell´Alto Adige, con il rosso la grande intrusione del Granito di Bressanone, delimitata verso nord dall´importante Faglia Periadriatica e messa in diretto contatto con scisti (colore bruno).

18 maggio 2015

L´eruzione del St. Helens

È il 18 maggio 1980 quando si verifica la grande esplosione nello stato di Washington. Il monte St. Helens era riconosciuto dal 1835 come vulcano, ma dato che dal tempo dei primi coloni non ci fu mai una significante eruzione, non fu considerato una montagna particolarmente pericolosa dai residenti. Ma I segni di violenti eruzione nel suo passato si celavano nel pacifico paesaggio – il lago Spirit si era formato a monte di una diga naturale, creata da una colata di fango tra l´800 e il 1.200 a.C.

Risvegliatosi il 20 marzo 1980, la montagna fu tenuta sotto stretta osservazione dai geologi e l´area in parte chiusa per il incuriosito pubblico. Nessuno si aspettava la violenza in cui esplose il St. Helens la mattina presto di una soleggiata giornata primaverile. Il versante nord si stacco, seguito da una esplosione piroclastica. 57 persone furono uccise, su un´area di 600 chilometri quadrati ogni forma di vita sembrava distrutta.

30 aprile 2015

Rocce e Minerali: Le Miche

Le miche sono un gruppo di silicati molto comune, diffuse sia in rocce magmatiche, metamorfiche che sedimentarie. I cristalli sono caratterizzati da una pronunciata sfaldabilità in lamelle, colorazione bianca -argento a nero, ma sempre con una ben visibile lucentezza – da cui deriva anche il nome in latino: micare significa luccicare e mica e la briciola, in allusione della lucentezza dei singoli grani.
La colorazione é data dalla percentuale di allumino e ferro. La muscovite o mica alluminifera appare chiara, la biotite (termine introdotto nel 1841 in onore del fisico francese Jean-Baptiste Biot 1774-1862) o mica ferrifera appare scura (la colorazione d´orata spesso osservata su campioni di roccia é dovuta all´alterazione del minerale). 
La sericite (dal greco sericos-sericeo) per via delle minute dimensioni dei cristalli dona alla roccia un´aspetto vellutato.

Fig.1. Micascisto a granati, dalla successione metamorfica della finestra dei Tauri. La disposizione parallela dei cristalli di mica conferisce alla roccia anche una pronunciata scistosità.

Fig.2. Micascisto alla muscovite, ma con nidi di grafite scura.

13 aprile 2015

Animali nelle Miniere: Ossa e Sangue sono il Prezzo del Progresso

La vita é difficile nell´antro della terra, ancora di più per organismi non adatti alle condizioni proibitive incontrate laggiù. 

Ma fin´dall´antichità le ricchezze nascoste – prima selce e molto piú tardi metalli preziosi - hanno attirato l´interesse degli uomini. Nell´eta classica a lavorare nelle miniere erano sopratutto schiavi o prigionieri, durante il medioevo con la sempre più grande domanda per metalli si sviluppo la professione del minatore. Durante la rivoluzione industriale esplose la domanda per il carbone. Il materiale estratto raggiunse tali volumi che non era più possibile trasportare fuori il materiale scavato a mano. Cosi nel 1760 per la prima volta furono usati degli pony nelle miniere di carbone inglesi. Cavalli avevano alimento già nel medioevo ingranaggi per pompare l´acqua e aria, tirare su secchi di minerale o macinare pietre. 

Fig.1. & 2. L´uso del cavallo in una miniera, dall´opera di Georgius Agricola "De re metallica libri XII" (1556). Cani venivano usati per trasportare sacchi (vuoti) verso le miniere in zone montagnose.
Ma ora i piccoli cavallini venivano usato nelle gallerie, dove tiravano dei vagoni minuti di ruote che correvano su dei binari dalla miniera ai moli di carico. Ma animali avevano anche altri importanti ruoli in una miniera.
Fig.3. Trasporto dei carrelli con un pony.

Nei giacimenti di carbone si poteva formare il grisú, un gas incolore e inodore per noi umani, composta prevalentemente da metano e perciò molto pericoloso per la sua infiammabilità. Per scoprire il gas venivano usati dei canarini, che rimanevano asfissiati se la concentrazione del grisú superava livelli pericolosi.
Fig.4. Un canarino per individuare il grisú.

Nelle miniere di carbone dello Yorkshire i minatori tenevano dei cani terrier, che dovevano tenere sotto controllo i topi di miniera. Cani della razza yorkshire, per le loro dimensioni e agilità, venivano usati anche per trovare o raggiungere minatori dispersi.

Gatti venivano usati per individuare la presenza di pozzi o gallerie. Grazie al loro acuto udito erano capaci di individuare nella totale oscurità la provenienza di rumori di scavo o l´eco di una cavità, perfino attraverso la roccia viva. Erano in grado anche di localizzare minatori dispersi o isolati dal crollo della galleria.

Molti di questi animali erano nati e morivano nelle miniere, vittime del profitto e progresso. Il medico e alchimista tedesco Philippus Theophrastus Aureolus Bombastus von Hohenheim (1493-1541), meglio conosciuto come Paracelsus, riassume in sagge parole:

"Le circostanzi sono tali, che nulla di buono può essere acquisita senza un prezzo ... per ottenere ciò che si vuole, è necessario affrontare anche quello che non si vuole."

Nelle miniere moderne molto é cambiato in meglio, macchine trasportano il materiale estratto e sensori controllano la qualità´dell´aria, ma quello del minatore rimane un mestiere duro. E tuttora esistono miniere, sopratutto in paesi poveri, dove uomini e animali lavorano e anche muoiono sotto condizioni primitive.

5 aprile 2015

I poteri nascosti delle pietre: Litomania

"È una professione che rende milioni. E sarà sempre cosi perché c´è sempre tanta gente ansiosa di credere a quelle corbellerie.”  Lamar Keene (1936-1996), che dopo una proficua carriera di medium scrisse un libro “La mafia parapsichica” in cui spiega i trucchi di questa “professione”
 
I presupposti poteri curativi delle pietre e gemme sono conosciuti fin dall’antichità, e tuttora si trovano pietre semipreziose da comprare sia in farmacia che in fiere, anche se sembra che non abbiano mai raggiunti livelli di omeopatia (un sogno capitalistico diventato realtà– fare soldi con il nulla).
Nelle antiche pratiche magiche i minerali e gemme  potevano essere usate come talismani e amuleti, dato che gemme venivano generate sotto l´influsso di astri e pianeti includevano gli effetti positivi di questi. In alternativa si poteva ingerire i minerali. Il “Virtutibus Lapidum” del mago Damigeron  (V-VI. Secolo d.C.) per esempio prescrive agata o zaffiro macinato per curare i mali dell´intestino.
 
Fig.1. Il collezionista di pietre, xilografia contenuta nel Hortus Sanitatis, lapidario, bestario ed erbario compilato da Cuba nel 1497.
 
Ma alle pietre vengono attribuiti poteri ancora più strepitosi, nel “gli arcani” – una rivista specializzata in fuffologia – del 1977 un articolo discute la “Litomania*” – “l´arte di indovinare il futuro osservando le pietre, le rocce” (*o piú correttamente la Litomanzia) é senza neanche usare la sfera di cristallo. Praticata dall’americana Marlena Heidt basandosi su antiche credenze, il medium percepisce delle “vibrazioni” dalle pietre che aiutano nelle visioni. Alcune delle sue previsioni includono: Una guerra nucleare tra la Russia, gli Stati Uniti e la Cina e una carestia di portata mondiale nel 1982, che ci costringerà a trasformare i deserti in giardini dell´Eden
L´articolo conclude con la nota che la “Litomania” purtroppo non figura in “dizionari né nelle migliori enciclopedie” – io direi per fortuna, tutte le fuffe attualmente praticate bastano e avanzano.
 
Per restare in tema e celebrare il giorno di pasqua - anche le uova possono essere usate per predire il futuro. Quando appare una nuova cometa in cielo, le galline dovrebbero deporre delle "uova-cometa" con tanto di raffigurazione della stella a coda sul guscio. Ancora nel 1986 furono descritti tali prodigi e non é escluso che galline e uova possano prevedere anche il prossimo terremoto (più o meno).
 
Fig.2. Quando nel dicembre 1680 apparse una cometa nei cieli di Roma, una gallina avrebbe deposto un´uovo con la raffigurazione esatta della volta celeste con la nuova stella.
 
Bibliografia:
 
DUFFIN, C.J.; MOODY, R.T.J. & GARDNER-THORPE, C. (eds) (2013): A History of Geology and Medicine. Geological Society, London, Special Publications, 375.

29 marzo 2015

Il Segreto del Gusto perfetto: La Geologia !

La loro personalità e il loro gusto dipendono da neve, acqua, torba, aria e orzo dell´ambiente in cui vengono prodotti. Rappresentano perciò gli “spiriti” specifici del luogo del quale,a un palato sapiente, svelano le caratteristiche."
Lello Piazza, “Whisky StoryAirone 08/2005
 
Furono probabilmente monaci irlandesi intorno al 500-600 i primi a gustare un distillato di orzo come bevanda alcoolica, l´acqua della vita, o “uisge beatha” (curiosamente il nome deriva meno da una mistificazione della bevanda, ma dalla proprietà dell´alcool a conservare tessuti organici), che oggi conosciamo come whisky. Non sorprende che questo distillato abbia origini irlandesi o scozzesi, dato che l´idrologia e geologia di queste regioni ancora oggi giocano un´importante ruolo nella produzione del  whisky e/o whiskey.
 
Già il clima freddo favorisce (o rende possibile solo)  la crescita dell´orzo e del  luppolo, ingredienti di base per whisky e birra. Questo clima rigido rende spoglie di grandi alberi anche le lande dell´Irlanda e della Scozia, che pero in compenso sono ricche di torba, che veniva usata come combustibile per tostare ed essiccare l´orzo e distillare il mosto di malto. La torba, come sedimento organico, varia in composizione, consistenza ed età – e questi variazioni possono influenzare anche sulla personalità  e profumo del whisky.
 

Anche l´acqua dona al distillato una personalità unica e molte distillerie possiedono delle sorgenti private – anzi, nel medioevo bevande alcooliche erano considerato di qualità superiore che semplice acqua di ruscello. 
Il tutto inizia con l´acqua piovana che scorre nella torba e si infiltra nel sottosuolo e nelle falde acquifere.  Le acque naturali possiedono quattro cationi principali - il calcio (Ca), magnesio (Mg), sodio (Na) e potassio (K). Questi elementi giocano un´importante ruolo nel processo di produzione di prodotti alcolici.  Calcio stabilizza gli enzimi che i  lieviti usano per trasformare I zuccheri in alcool. Simile effetto il magnesio, che comunque se presente in concentrazioni troppo elevate rende la birra amara. 
La concentrazioni di questi elementi viene profondamente influenzata dalla geologia del bacino idrografico e falda della sorgenti usata.  Acque di aree grantiche sono molto pure e donano al whisky stabilità e limpidezza. 
Secondo la tradizione perció per il whisky si dovrebbe usare le acque di sorgenti in zone granitiche, ma la maggior parte delle distillerie si trovano in regioni caratterizzate dalla presenza di formazioni di arenarie e argilliti o scisti micacei. I minerali che compongono queste rocce sono comunque anch´essi praticamente insolubili. 
Per la bassa concentrazione di elementi nella acqua di sorgente il processo di distillazione deve essere pero più lungo, con il risultato di incrementare anche la gradazione alcolica.
 
Fig.1. Tra i dieci migliori whisky si trovano distillati che provengono dalla isola di Islay, l´isola di Skye, le Orcadi e la regione di Moray. Carta geologica della Scozia secondo A. Geikie, 1887 con tanto di moderne distillerie - concentrate sopratutto nelle regioni con rocce metamorfiche e ignee.
 
Falde acquifere in aree carbonatiche tendono invece ad avere molti elementi sciolti nell´acqua. Il cloro e il magnesio per esempio nelle giuste concentrazioni e proporzioni possono donare alla birra un gusto gradevole e dolce.
 

Oggigiorno nuove tecnologie, rendono possibile di modificare la chimica dell´acqua usata per il processo di fermentazione e distillazione direttamente. Forse un vantaggio per la qualità e l'igiene del prodotto finale, ma un peccato per colui che vorebbe gustare la storia geologica nascosta in un nobile distillato o una semplice birra.

Bibliografia:

CRIBB, S.J. (2005): Geology of Beer. In Selley, R.C.; Cocks, L.R.M. & Plimer, I.R.: Encyclopedia of Geology: Elsevier Academic Press: 78-81
CRIBB, S.J. (2005): Geology of Whisky. In Selley, R.C.; Cocks, L.R.M. & Plimer, I.R.: Encyclopedia of Geology: Elsevier Academic Press: 82-85